ABBAZIA MARIA CORAZZO – CALABBRIA
L’abbazia di Santa Maria di Corazzo, le cui rovine sono ancora presenti e visibili sul verde smeraldo dell’alta valle del fiume Corace testimoniano un passato di prestigio e cultura, oltre che di religiosità, fu fondata dai monaci benedettini durante l’XI secolo.
Le possenti mura e gli archi che svettano nel verde degli alberi circostanti, sembrano raccontare la storia di quel luogo che in passato era un crocevia culturale e religioso, fino al disastroso terremoto del 1783 che lo ridusse in macerie.
Legata al nome di uno dei più grandi mistici medievali, Gioacchino da Fiore, che fu abate qui dal 1177 al 1187.
Intorno all’anno 1000, passò all’ordine monastico cistercense e con loro raggiunse il punto più alto del suo splendore nella prima metà del 13 ° secolo. I cistercensi, infatti, austeri e sobri, determinarono il decollo economico e spirituale definitivo dell’Abbazia.
Raggiunse l’apice del suo splendore con l’arrivo dell’abate calavrese Giovacchino, dotato di uno spirito profetico dotato, come descritto dal grande poeta Dante Alighieri nel XII canto del Paradiso della Divina Commedia (versetti 140-141). Di ritorno dal suo viaggio in Oriente e in Terra Santa e diretto alla sua città natale di Celico, vide per la prima volta l’Abbazia di Corazzo, rimanendo affascinato dalla bellezza selvaggia e dal silenzio che circondava quelle mura fino a quando, vestito con il monastico abitudine, nel 1177 divenne il suo abate.
Qui scrisse le sue opere principali, “Concordia del nuovo e del vecchio Testamento”, “Spiegazione dell’Apocalisse” e “Il salterio delle dieci corde” così tanto che nel maggio del 1184 ricevette da papa Lucius III l’incoraggiamento a proseguire gli studi e nelle sue riflessioni, l’incoraggiamento ribadito dal successore pontificio Urbano III.
La struttura dell’abbazia conserva ancora una chiara disposizione architettonica e funzionale.
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